Nel 1900 il tabacco fu considerato l’elemento “moderno” dell’agricoltura salentina, la peculiarità dei terreni favorivano la varietà del tabacco nel gusto, nell’aroma e nella combustibilità delle foglie. Questa pianta richiedeva molte attente cure, le quali erano svolte dalle donne, era consigliabile infatti raccogliere le foglie dopo l’asciugatura della rugiada e prima delle ore più calde per evitare che le foglie si rovinassero.
Seguivano poi dei processi di fermentazione che potevano andare dai 28 giorni ai 4 mesi e infine il tabacco arrivava, confezionato, nei magazzini ed era ulteriormente sottoposto a operazioni molto lunghe.
Nella manifattura di Lecce, se dal tabacco scuro si producevano i sigari, dal tabacco chiaro venivano prodotte le sigarette. Le ballette venivano immagazzinate nelle gallerie, delle sale vastissime da cui un quantitativo di tabacco veniva distribuito giornalmente negli altri reparti. Una volta aperte le ballette, le foglie si inumidivano con il vapore acqueo, dopodichè si procedeva con la cernota e la trinciatura. Per confezionare le sigarette a macchina si utilizzavano macchine complicate e diversificate tra loro.
Il tabacco si distendeva su una tela che lo trasporta tra due cilindri muniti di punte. Da qui il trinciato cadeva in una tramoggia e si depositava su un nastro continuo di acciaio o gomma. Su di esso veniva poi applicata una striscetta di carta, che poi, passando attraverso una serie di tubi, si ripiega sul tabacco formando la sigaretta. Queste venivano poi tagliate in pezzi uguali da delle lame all’estremità del tubo.